sabato 31 ottobre 2009

Europa e Cina

Con la mia esperienza di Segretario di Cavour e diplomatico dello neonato Regno d’Italia, sono istintivamente orientato a vedere dei parallelismi tra il processo di Unificazione Europea ed il Risorgimento Italiano.
Il piu’ grande elemento comune e’ forse proprio quello sottolineato dall’attuale Ministro degli Esteri Britannico Miliband. In pratica il ministro ha detto che il mondo e’ dominato dai numeri di due grandi nazioni, gli Stati Uniti e la Cina. Nessuno potra’ competere con loro se non da basi simili e nessuno Stato Europeo potra mai singolarmente raggiungere le dimensioni economiche dei due giganti. L’Unione rappresenta l'unico strumento attraverso il quale uno Stato Europeo puo' ancora influire nel mondo. Come ha detto Miliband, rinunciare all’Europa significa condannarsi all’ininfluenza.
Da patrioti, il nostro punto di vista era simile. L’unico modo di garantire agli italiani uno spazio politico nel mondo era quello di perseguire l‘unita’ della Penisola. Costuire uno Stato Italiano dalle dimensioni paragonabili a quelle delle altre potenze europee.

Indiscutibilmente i grandi numeri hanno la loro importanza. Sono cosi' chiari che dovrebbero di per se essere sufficienti a persuadere i piu’ ostinati tra gli euro scettici.

Confrontiamo i dati del Prodotto Nazionale Lordo dei primi dodici paesi al mondo. Gli USA, il Giappone e la Cina sono i primi tre paesi, da soli sfiorano il 40% dell'intero prodotto mondiale. Seguono in graduatoria cinque paesi dell'Unione Europea, ognuno dei quali, a parte la Germania, vale la meta' del Giappone. 




Un immagine completamente diversa appare se nella statistica includiamo l'Unione Europea come aggregato, escludendo di conseguenza dalla graduatoria i singoli paesi europei. L'Unione Europea e' il primo sistema economico mondiale, di quasi un terzo superiore agli USA, rapresentando il 30% dell'intera economia mondiale.


Una intersessante stima della Goldman Sachs prevede che in 40 anni, nel 2050, la Cina sara’ l’economia piu’ grande del mondo.

La Cina diventera’ la prima potenza economica del mondo. Gli unici paesi in grado di competere saranno Stati Uniti, India e ... se esistera’ l’Unione Europea.
In termini di Prodotto Nazionale Lordo l’Unione e’ oggi il piu’ grande aggregato economico rappresentando il 30% dell’intera economia mondiale.
Nella proiezione al 2050, l’Unione resisterebbe al secondo posto, praticamente a pari dimensioni degli Stati Uniti.

Miliband da pragmatico britannico, si rende conto che si ha piu’ influenza nelle scelte di governo del mondo se si rappresenta il 30% dell’economia mondiale piuttosto che il solo 4.4% dell’attuale Regno Unito.

mercoledì 28 ottobre 2009

Perche' abbiamo bisogno dell'Unione Europea

David Miliband non poteva spiegarlo meglio. In un discorso tenuto a Londra all'Istituto Internazionale di Studi Strategici, il Ministro degli Esteri britannico ha detto che "l'idea di opporsi ad una Unione Europea forte e' solo un segno di arroganza, nostalgia e xenofobia. L'alternativa e' solo l'irrilevanza in un mondo dominato da Cina e Stati Uniti d'America."

Il Ministro ha aggiunto che essere spaventati dal concetto di Politica Estera Europea indica ristrettezza mentale, e' un atteggiamento fatalistico e sbagliato. "La scelta in favore dell'Europa e' semplice - O uniamo le nostre azioni e facciamo dell'Unione Europea un forza leader nell'arena mondiale o diventeremo spettatori di un mondo G2 definito da Stati Uniti e Cina"

lunedì 19 ottobre 2009

Eravamo dei Nazionalisti

Il mondo per noi era l’Europa.
L’Europa era il mondo che contava, il resto erano vaste terre e risorse da conquistare e sfruttare.
Ma per partecipare al grande gioco bisognava essere una grande nazione. Noi Italiani per contare dovevamo recuperare il passo con gli Inglesi, i Francesi, i Prussiani, i Russi, gli Austriaci, gli Spagnoli.
Se avessino unificato l’Italia in una sola Nazione, avremmo potuto gareggiare alla pari dei nostri cugini europei.
Le altre nazioni europee si arricchivano costruendo imperi, mentre noi italiani ancora eravamo il “bottino”, eravamo quelli da conquistare.
Noi non volevamo affatto costruire un mondo diverso, anzi il mondo com’era ci piaceva. Volevamo cambiare sponda, da conquistati volevamo diventare conquistatori.
L’abbiamo dimostrato senza incertezza, perche’ appena ottenuta l’unita’ e l’indipendenza ci siamo lanciati nelle imprese coloniali africane.
Me lo ricordo bene quando gli Egiziani evacuarono Massaua nel ’82 e gli Inglesi ci lasciarono sbarcare a noi Italiani nel ’85. Nasceva la nostra prima colonia. Erano passati appena 24 anni dall’unita’ di Italia.

L’Italia, farla e disfarla

La mia generazione tutta si dedico’ alla creazione dell’Italia unita ed e’ un mio dolore intenso scoprire che dopo 150 anni esiste nel governo italiano una importante forza politica che la vorrebbe di nuovo divisa.

Mi stupisce ancor piu' che a volerla divisa sarebbe quel Nord che dell’Unita’ a suo tempo si fece artefice.

E pur vero che i Milanesi non hanno mai amato il Regno Savoia. Se avessero potuto scegliere avrebbero da sempre preferito essere un Cantone della Confederazione Helvetica. Ma come attesta il nome della loro principale citta’, stanno nel bel mezzo dell’Italia Cisalpina, e quindi nella storia patria ci sono finiti di forza anche se controvoglia.

Trovo anche curioso che questa forza politica che ha fatto suo il vessillo della Lega Lombarda abbia contemporaneamente in odio la nostra amata Capitale, che chiama Roma Ladrona.

C’e’ in questa scelta un sottile significato che mi sfugge oppure si deve trattare di semplice ignoranza storica. Come si cogniugano una forza guelfa e l’odio per Roma.

Nel progetto secessionista della Lega Nord, c’e’ l’ammisione di una sconfitta e la rinuncia ad un ruolo protagonista. Una scelta campanilistica rovesciata rispetto alla storia. Questa Lega odierna combatte contro Roma e sceglie la sottomissione al Sacro Romano Impero, cioe’ al sistema economico tedesco. La Germania si riunifica e l’Italia si divide. Deve essere casuale che in Bavaria abbiano sempre apprezzato la Lega Lombarda sin dalla sua nascita. Cosi’ come ancora casuale deve essere stata la scelta della Lega di opporsi ad Air France ed essere invece favorevole ad una soluzione Lufthanza della crisi di Alitalia.

La Lega ammette che il Nord non e’ stato e non e’ capace di trasformare il Sud, di liberare tre Regioni dalla schiavitu’ della criminalita’ organizzata e di avviarne lo sviluppo economico. E con la proposta della secessione rinuncia a qualsiasi ruolo leader degli Italiani in Europa.

La Padania sognata dalla Lega avrebbe probabilmente la grande soddisfazione di sfoggiare un reddito procapite da primato, pari a quello dei cittadini del Lussemburgo. E parimenti la Padania sarebbe influente in Europa tanto quanto il bellissimo Granducato. 

Mi sovviene quella barzelletta che il nostro Re Vittorio Emanuele sempre raccontava in dialetto, di quel marito che volendo far dispetto alla moglie di proprio si taglio’ gli attributi mascolini. 

domenica 18 ottobre 2009

Nobel per la Pace - Un aiuto concreto ad un Presidente in difficolta'

Grande stupore alla notizia che il Nobel per la Pace era stato assegnato al Presidente Obama. Tutti gli osservatori hanno concordato che il premio non poteva essere stato concesso sulla base di risultati ottenuti. Obama e’ in carica da soli otto mesi e sta lottando con difficolta’ per fare avanzare l‘agenda della sua riforma sanitaria. In politica internazionale e’ riuscito solo a presentare qualche bel discorso, illustrare desideri senza avanzare alcuna proposta concreta.
Quelli che non amano i contenuti di quei discorsi, si sono stizziti, infastiditi per un riconoscimento che ritengono immeritato. Hanno concluso che il Comitato incaricato di assegnare il premio e’ diventato un corpo politicizzato.
Quelli che a quei discorsi vorrebbero veder seguire fatti coerenti hanno spiegato che il Nobel e’ un incoraggiamento, un premio alle intenzioni. Il nuovo Presidente ha fissato un agenda ambiziosa ed ora bisogna sostenerlo nella sua impresa.
La mia impressione e’ che il premio sia stato assegnato con la precisa intenzione di aiutare concretamente il Presidente Americano.
Infatti Obama e’ in evidente difficolta’. La strenua opposizione alla sua riforma sanitaria lo sta privando di una forte prestigiosa vittoria interna e sta assorbendo tutte l’energie a scapito delle iniziative di politica internazionale.
Sul piano internazionale, Obama si ritrova numerosi dossiers aperti, nessuno dei quali lascia intravedere la possibilita’ di una soluzione positiva nel breve medio termine.
Tra i piu’ importanti di questi dossiers sono il conflitto Israelo-Palestinese, la guerra in Afghanistan e la crisi Pakistana, la guerra in Iraq, il Nucleare Iraniano, il riavvicinamento della Siria, la guerra civile in Sudan, l’anarchia in Somalia, la Korea del Nord, la Russia ed il nodo Georgiano, la Cina ed il suo ruolo politico economico e miltare nel mondo.
Da quando Obama e’ alla Casa Bianca nessuno di questi dossiers e’ avanzato, al contrario alcuni si sono sicuramente aggravati.

venerdì 9 ottobre 2009

Nobel per la Pace - Il premio al Presidente che formulo' la dottrina del "big stick"

Ero al termine della mia carriera diplomatica, quando nel 1901 assegnarono per la prima volta i premi Nobel. 
L'ultimo Premio Nobel per la Pace, che ebbi occasione di vedere assegnato, ando' nel 1906 al Presidente americano Theodor Roosevelt.
Una biografia singolare per un uomo di "pace".
Gia' da ragazzo era un appassionato di storia militare. Pubblico un suo primo scritto sulla Guerra Navale Anglo-Americana del 1812.
Grande esporatore, cacciatore indomito di bufali, orsi e uomini. Nel grande freddo del Nord Dakota si diletto' nella caccia ai fuorilegge, inseguendoli, catturandoli e avventurosamente consegnandoli alla giustizia.
Nel 1898, allo scoppio della Guerra Ispano-Americana si arruolo immediatamente nel Primo Reggimento Volontari a Cavallo. Unita' che divento' subito nota alle cronache di guerra dei giornali americani come i "Rough Riders". Si distinse in battaglia sino a meritare la nomina alla Medaglia d'Onore, che pero' non ricevette mai, dicono per questioni politiche.
Fu eletto Vicepresidente con William McKinley Presidente. Mckinley, al suo secondo mandato, fu assassinato nel 1901, per mano di un anarchico. La stessa tragica fine che era capitata in sorte al nostro povero Re Umberto I appena l'anno precedente.
I suoi colleghi del Partito Repubblicano erano preoccupati, data la fama di avventuriero di Roosevelt. 
Il nuovo Presidente si dimostro' subito coerente coniando la dottrina del "big stick", il grande bastone americano.
Aggressivo e spregiuticato, nel 1903 appoggio' la rivolta dei panamensi contro il governo centrale Colombiano. Il nuovo Stato che ne nacque', Panama, concesse per un secolo all'amministrazione americana il controllo del territorio nel quale fu costruito il canale. La distanza via mare tra San Francisco e New York si ridusse da 13.155 a 5.280 miglia marine.

Un grande risultato per l’economia americana, ma sicuramente non un esempio di "sforzi straordinari nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli".

Per quale motivo un Presidente cosi interventista riusci' a meritarsi il Nobel per la Pace.
Un esempio preciso di una motivazione "viziosa" che risulta in un'azione "virtuosa".
Il suo predecessore, il Presidente McKinley, aveva  notevolmente avanzato l'agenda americana nel Pacifico. Una penetrazione profonda con l'annessione delle isole Hawaii, e la conquista delle Filippine, strappate al controllo spagnolo e diventate colonia degli Stati Uniti. 
L'America continuava l'espansione ad Ovest, il Pacifico la sua nuova grande frontiera.
Gli Stati Uniti erano ora importanti stakeholders degli equilibri del Far East (piccolo retaggio linguistico europeo, dal punto di vista americano era il nuovo Far West).
Nel violento conflitto Russo-Giapponese per il controllo della Manciuria, intravide la possibilita' di consolidare la presenza americana nell'area. Spedi cosi un corpo navale di fronte alle coste cinesi (il big stick) e si propose come mediatore tra Russi e Giapponesi. Nel settembre dello stesso anno le due parti firmarono la pace. E lui vinse il premio Nobel. 

giovedì 8 ottobre 2009

Una vita nella diplomazia

Quando nel 48 sono scoppiati i moti rivoluzionari avevo 20 anni.

Mio padre, un chirurgo (all'epoca dispregiaticamente chiamato cerusico), ero un sopravissuto dell'armata napoleonica. 

Io ero infervorato dal desiderio di cancellare l'onta di Villafranca, quando Napoleone vigliaccamente uccise la centenaria grandezza di Venezia, per regalarla schiava agli austriaci.

Il Piemonte doveva assolutamente entrare in guerra contro l'Austria. 

Io mi arruolai subito. Mi ritrovai volontario a combattere a Peschiera, a Santa Lucia e a Rivoli. E qui fui ferito ad un braccio. Mi dovetti allontanare dai campi di battaglia per qualche mese. Feci in tempo ad essere presente a Novara, per assaporare l'amarezza della sconfitta.

Sembrava tutto compromesso. Il Re abdicava e l'Austria trionfava.

Io tornai agli studi e mi laureai in Legge. Poco dopo partecipai ad un concorso al Ministero degli Affari Esteri, e lo vinsi. Da quel momento comincio' la mia carriera di diplomatico. 

Ho speso il resto della mia vita, 50 anni, al servizio della diplomazia del Regno Sabaudo, e poi del Regno d'Italia.


Sleeper

Lui era un suonatore di clarinetto e gestiva un piccolo negozio di alimenti salutari.

Fu ibernato e rianimato nel futuro da un gruppo politico che si opponeva ad un regime totalitario. Credevano che lui avrebbe potuto aiutarli nel rovesciare quel governo dispotico.

Sono passati poco piu' di cento anni da quando facevo il diplomatico. Io non suonavo il clarinetto, ma scrivevo poesie.

Non sono tornato per aiutare a rovesciare governi dispotici, anche se mi sembra che ce ne siano molti in giro. Sicuramente ho tanta voglia di scoprire quanto e' cambiato il mondo.